…e il processo di lasciare andare i confini dell’immagine e del concetto di sè…
La nascita dell’io ontologico.
Partiamo dalla sensazione di vuoto che arriva quando l’io si dissolve o allenta il senso di controllo.
L’aspetto del vuoto è da sempre conosciuto nell’ambito delle filosofie orientali, ne parla lo Yoga il Vedanta e molte altre tradizioni mistiche, in particolare il buddhismo si sofferma sulla natura Originale della mente, intesa come substrato dell’esperienza stessa dei sensi e del pensiero.
Per comprendere l’io è necessario comprenderne i confini, di cosa è fatto il suo “bordo” esterno, la buccia della cipolla!
Per far questo dobbiamo riferirci all’esperienza del vuoto, che sperimentiamo quando esploriamo ambiti emotivi nuovi o più aderenti ai bisogni di amore, che però incontrano le nostre resistenze o le nostre paure profonde.
Questo vuoto, ovvero “la vacuità” si situa molto vicino ad un altro concetto di vuoto/morte, cioè alla paura di fallire, perdere il potere o essere umiliati dal proprio giudizio.
Poiché questa specifica paura è inerente al lasciare andare il controllo sulle emozioni, cioè al dissolvimento immaginato della presa sulle emozioni o sentimenti dolorosi, in particolare su alcuni di essi: orgoglio e paura dell’umiliazione si cerca di evitarlo come la peste!
Per la conoscenza orientale, invece e nel buddhismo e il tantra in particolare questo vuoto essendo prossimo alla Vacuità Originale, ovvero la Natura Originale della mente, è il luogo del contatto con il divino dentro di noi, il luogo che unisce il passato con il presente, un luogo di passaggio e di trasformazione spirituale dove l’iniziato può sperimentarsi nel lasciarsi andare senza più stampelle della personalità, del concetto di sé e dell’immagine del proprio corpo.
E’ dunque in questo luogo speciale dove i due tiopi di vuoto si incontrano e si possono fondere per far nascere l’io ontologico, ovvero realizzare l’Essenza.
La Pratica della Presenza e le Sessioni di lavoro sulle emozioni sono orientate proprio a questa esperienza di fusione tra il vuoto psicoanalitico freudiano e il Sacro Vuoto essenziale origine della Vera natura della mente.
Questo è lo spazio dove si sperimentano i confini delle percezioni costruite attorno all’identità, al concetto di sé e all’immagine del corpo, dove li si può toccare e descrivere, conoscere e dove questi confini diventano via, via sempre più trasparenti facendo intravvedere la natura del Vuoto ontologico che esiste oltre ad essi e diventando sempre più permeabili al vuoto stesso intravedendo la Luce all’interno di tale spazio interiore.
E’ questa permeabilità della percezione oltre i confini dell’identità che da un lato spaventa il neofita e il “paziente psicoanalitico” proprio perché essa è intesa e letta dal terapeuta come un sintomo o almeno come un problema, anziché come il sorgere della realtà ontologica sottostante alla struttura codificata come “identità” come farebbe la filosofia orientale.
Da questa analisi comparata possiamo vedere i limiti che la psicologia classica mette all’esperienza umana cercando di standardizzare la percezione soggettiva delle singole persone, limitandone così l’ampiezza e la libertà, castrando di fatto la possibilità di esplorazione e di liberazione dai vincoli culturali e dai protocolli standardizzati per adattare la mente del cittadino moderno a vivere in una società ultra competitiva e ultra controllata.
Questa permeabilità dell’io è vista, dalle tradizioni mistiche dell’oriente, come il primo bagliore della Luce Vivente, e della natura del vuoto di cui è fatta.
Una realtà sperimentabile da tutti, che esiste a prescindere dalla struttura egoica, dal suo concetto o dall’immagine che abbiamo del corpo fisico, una permeabilità che è pur sempre un’esperienza dimostrabile e ripetibile e che non può essere catalogata frettolosamente come ha fatto la psicologia fin ora, come un sintomo o come una memoria infantile dovuta alla mancanza di sostegno parentale o all’esperienza di castrazione, ovvero del rifiuto relazionale dalla figura parentale di riferimento.
Cercando di sintetizzare i due concetti differenti, il vuoto a cui mi riferisco non è altro che l’io occidentale espanso e “uscito” dai propri confini usuali, approdato e fuso nell’io ontologico, precedente e sottostante ogni tipo di esperienza differente, una sorta di “coscienza che è cosciente di essere cosciente senza sapere di esserlo”
La Mente orientale, dunque è un “contenitore” che contiene la mente analitica, dialettica o intuitiva, tutte le emozioni e i sentimenti, nonché le sensazioni fisiche le reazioni del sistema nervoso ecc.
L’io inteso in senso ontologico, invece, esiste oltre e al di là della mente e a prescindere da essa e non può dunque essere né osservato né compreso dalla mente stessa. Questo spiega la difficoltà di comunicare quegli stati di libertà e di meraviglia con parole o strutture di pensiero che siano comprensibili alla mente analitica.
Oltre il vuoto psicoanalitico, troviamo il vuoto ontologico, inteso come “spazialità dell’essere”, un io che non ha più i confini usuali, ma esprime pur sempre un senso di esistere anche se non più mediante un senso di poter agire o poter controllare emozioni, oggetti, fatti, relazioni…
L’io ontologico è l’esperienza dell’Essenza, uno stato che include ogni altro stato di essere senza poter distinguerne il bene dal male, il giusto dallo sbagliato, i confini dalla totalità, le differenze dall’unità, che le racchiude le cause e gli effetti in una unica categoria, il tempo e lo spazio vengono eliminati e inglobati come meri concetti cognitivi, utili e parti di una coscienza più ampia, non più necessari, dove le preferenze e le scelte non hanno più valore assoluto, né effetto e dove ogni esperienza viene in esso vissuta in presenza.
Nulla di così difficile da sperimentare a patto che si sia disposti a rischiare qualcosa del proprio concetto di sé!
Dunque partendo dall’io psicologico, dall’immagine o dal concetto di sé possiamo in certe condizioni specifiche rilassarci al punto di vivere la permeabilità in tempo reale e in prima persona, non più come osservatori dell’esperienza, ma “dentro” all’esperienza stessa.
Possiamo apprendere non senza impegno e assidua pratica, per così dire di:“ lasciare andare” i nostri confini, i confini di identità e di immagine di noi stessi, acquisendo gradualmente sempre più fiducia nella pratica e proprio del vuoto.
Come farlo?
Alleandosi ad assaggiare il vuoto, innanzitutto, assieme a qualcuno che sia competente e sopratutto che l’abbia fatto almeno qualche centinaio di volte su se stesso.
L’esperienza del vuoto è un frutto proibito a chi è programmato ad essere un robot da produzione con una mente adattata a rispondere alle aspettative sociali, diventa un frutto squisito all’iniziato che ha sperimentato sulla propria pelle l’espansione di coscienza e la riconosce come una grande opportunità che la vita gli offre!
Riuscire a cogliere questo frutto sublime significa nutrirsi del succo più buono che si possa immaginare in una vita umana: il senso di spaziosità, senza alcun tipo di conflitto, pensiero, immagine, percezione, se non quella sensazione di totale espansione e presenza.
Questa è la liberazione dai condizionamenti di qualunque tipo e la nascita dell’io ontologico che si può raggiungere quando l’io psicologico freudiano si lasci invadere dal vuoto e lo superi dissolvendovisi dentro!
Spero di aver chiarito una volta per tutte cosa intendo quando vi propongo di rinforzare l’io e diventare “più egoici”, più forti e più responsabili, si tratta di prendere in mano la propria vita e fare le scelte coraggiose che rispettino i valori che abbiamo riconosciuto utili e sacri per il dar significato e direzione alla nostra vita.
Riusciremo ad osservare da una prospettiva più ampia che includa ogni aspetto della mente?
Potremo con impegno e assiduità, riuscire a comprendere il senso del vuoto nell’ottica di una visione onnicomprensiva della Mente?
Avremo l’opportunità di sperimentare la realtà anche oltre i nostri specifici confini dell’immagine e del concetto di noi stessi?
La risposta ovviamente dipende da ognuno di noi, dal nostro impegno e da quanto lo crediamo possibile, tutto il resto sono condizionamenti specifici che deviano questa ricerca esistenziale ed… essenziale!
Luca
Se vuoi approfondire o prenotare un colloquio informativo: